Camminu de Santu
Jacu.
Suona vagamente
familiare, vero? Specie per chi come me ha fatto "el Camino
de Santiago" verso Santiago de Compostela.
Ma cos'è? E
dov'è? E soprattutto, perché?
Per chi già sa, la
risposta all'ultima domanda potrebbe essere il corollario dei tre
quesiti. Per gli altri, che magari ipotizzano soltanto, o
semplicemente sbirciano per caso su queste righe, dirò.
Croce di Santiago |
COS'È
È un pellegrinaggio.
E come tale nasce, io
lo definisco, e dovrebbe essere vissuto.
Al di là di come lo
può vivere e sentire chiunque, visto che ovviamente è un'iniziativa
aperta a tutti, mi irrita un tantino la definizione che ostinatamente
ne ha dato in più occasioni la stampa locale: “Turismo religioso”,
con le accezioni inequivocabili del lemma “turismo” che mal si
sposano con i termini “Religioso” e “Pellegrinaggio”.
Trovo un blanda
giustificazione nell'interpretazione di questo fenomeno solo
guardando un po' indietro nel tempo, e un po' più a ovest, e
osservando la metamorfosi che ha interessato il religiosissimo
pellegrinaggio per eccellenza: il Cammino di Santiago.
Non si dimentichi
infatti che il termine “Pellegrino”, da “Peregrino”,
identifica colui che affronta con spirito sacrificale un lungo
gravoso viaggio col fine di rendere grazia (spesso ex-voto) a San
Giacomo il Maggiore, le cui spoglie sono custodite per tradizione
millenaria presso la Cattedrale eretta in suo nome nel capoluogo
della Galizia Spagnola, appunto Santiago (da Jago, Jacob,
Iacopo, Giacomo) de Compostela. Il sommo poeta scriveva:
“...non s'intende peregrino se non chi va verso la casa di sa'
Iacopo”. Anche gli altri due dei tre pellegrinaggi cattolici
maggiori, identificano i relativi viaggiatori penitenti con
appellativi circostanziati: Romei (viaggiatori verso Roma), i fedeli
che si recano alla Casa di Pietro, e Palmieri (portatori di palme),
coloro che volgono per fede verso Gerusalemme in Terra Santa. Ma il
“Pellegrino” cerca e rende grazie a San Giacomo. Santiago. Santu
Jacu, qui da noi, in terra sarda.
Pellegrino, da
“Peregrino”, etimologicamente derivato dal latino peregrinus =
forestiero, non cittadino, da peregri, peregre = fuori di città, per
(attraverso) + ager (campi).
Un Pellegrinaggio è
per definizione “...un viaggio compiuto per devozione, ricerca
spirituale, o penitenza, verso un luogo considerato sacro.”
[fonte Wikipedia].
Viaggio di fede, quindi. Non turismo.
Tutte queste
divagazioni etimologiche solo per chiarire che pellegrino e
turista sono due figure distinte. E con obiettivi distinti.
Ma allora, perché
questa definizione fuorviante di “turismo religioso”? Forse per
una forma di timore reverenziale nei confronti di una parola così
importante ed impegnativa che ci identifica come impegnati in un
credo religioso? É forse disdicevole ciò?
Come poc'anzi
accennato, guardando un po' più indietro nel tempo, credo che la
mutazione e fusione religione-turismo sia riconducibile ai
cambiamenti sociali e tecnologici degli ultimi decenni. Inizialmente,
con la sempre maggiore disponibilità di tempo e denaro dei periodi
di benessere sociale aumentavano le possibilità di spostamenti sulle
lunghe distanze richieste per l'avvicinamento dalla propria terra
alla località di inizio cammino. Successivamente, specie con i
passaparola di chi già aveva compiuto il pellegrinaggio, che fra le
altre cose decantava la bellezza dei luoghi e l'esiguità delle
spese, cominciando dal perennemente squattrinato mondo giovanile ha
iniziato ad acquistare grande importanza la possibilità di fruire
dei trattamenti di favore riservati ai pellegrini per vitto e
alloggio agevolati che consentono a tutt'oggi di pernottare con
sei-otto euro nelle strutture religiose, negli albergue, nelle
palestre e nelle scuole attrezzate stagionalmente, e di consumare il
pranzo o la cena del pellegrino con cifre analoghe.
Ergo, il Cammino di
Santiago, pur mantenendo dalle origini la sua connotazione di fede,
ha assunto nel tempo accezioni che spaziano dallo spirituale, al
mistico, per deviare recentemente sempre più verso lo sportivo e il
turistico. Quest'utima motivazione che attira sempre più spesso i
"non-pellegrini" è quella che più "inquina"
la nobiltà del sentimento che alita su quella che invece è nata
come una strada di fede. Masse di “viaggiatori del Cammino”
calcano sempre più spesso la più nota delle vie sacre spagnole con
meri scopi turistici, spesso sportivi, più raramente spirituali, e
solo marginalmente religiosi, come testimoniano sovente le fuggevoli
conversazioni fra camminanti e come capita di apprendere da alcuni
diari di viaggio reperibili in rete, salvo poi sentire gli stessi
dichiarare ipocritamente all'arrivo, alla "Oficina de
Peregrinos" la motivazione religiosa, la sola che da
diritto alla Compostellana (o Compostela), documento ufficiale
di compiuto pellegrinaggio redatto in latino, anziché in spagnolo
come quella invece rilasciata a chi il viaggio lo effettua per
qualsiasi altro motivo NON religioso.
Senza arrivare a
estremismi ideologici e dottrinali un pellegrinaggio può comunque
sortire benefici allo spirito e offrire spesso occasioni per
allargare gli orizzonti del sapiens, cogliendo dalle vestigia
storiche dei territori attraversati uno spunto per viaggiare
mentalmente nel tempo e calarsi nei panni di antichi pellegrini,
riscoprendosi poi in entrambi i tempi alla ricerca degli stessi
obiettivi e valori.
Le mie elucubrazioni in
merito alla mutazione trovano conforto ancora su Wikipedia dove:
“...Attualmente la diminuzione dei tempi, dei rischi e dei costi
di viaggio, nonché la desacralizzazione delle culture, fanno sì che
la categoria culturale del pellegrinaggio sia ormai sempre più
intrecciata con quella del turismo di massa, del quale viene anzi
spesso considerata una specie di sottoclasse, almeno dagli operatori
economici del settore (turismo religioso).”
Preciso che non sono un
bacchettone baciapile ne' bigotto, ma un comune credente non
praticante che ama documentarsi e che ha le sue idee sulle religioni
e sui religiosi. Tant'è che il mio Cammino di Santiago intrapreso
nel Xacobeo 2010 è iniziato come un qualcosa di strano che non sto
qui a spiegare, ma con una forte connotazione spirituale, diventando
pellegrinaggio in itinere. Ne ho avuto la certezza già molti giorni
prima dell'arrivo a Santiago. E già prima dell'arrivo avevo un'altra
certezza: che ero diventato per sempre un Pellegrino! E con già in
cuore l'auspicio della replica dell'esperienza.
Col tempo, scrutandomi
dentro e cercando il confronto con miei “simili” ho
scoperto che nel Pellegrino, una sorta di magnetismo fa crescere
giorno dopo giorno il richiamo al rinnovo di un dialogo ravvicinato
con il Destinatario del pellegrinaggio, accompagnato da una
più o meno lunga astrazione dal quotidiano. Come una calamita nei
confronti di un ferro. E la tensione è apprezzabile. Poi basta
"poco" a creare l'evento favorevole al reincontro.
DOV'È
Qualcuno, quel "poco",
che non gli è venuto incontro, lo ha snidato dalla ragnatela di
stradine e sentieri sterrati e misconosciuti che conducono a chiese
campestri o in rovina ma anche ad importanti parrocchie patronali. E
dopo averne studiato a lungo la fattibilità per sé e per gli altri
ha colto l'occasione del 1° maggio 2015 per percorrerlo. Un piccolo
drappello di devoti, 12 come gli apostoli, che nel giorno dei
festeggiamenti per la chiesa campestre di Santu Jacu in agro di
Siniscola, si è avviato con la benedizione del parroco locale, verso
la chiesa parrocchiale e patronale di San Giacomo nel centro di
Orosei, raggiunta a piedi il giorno dopo. Mi piace immaginarli come
novelli argonauti, primi a calcare un sentiero che sicuramente si
dilaterà numericamente e geograficamente fino a coinvolgere sia i
santuari di San Giacomo di tutta l'isola, che tutti quei devoti che
potrebbero non avere le possibilità di inoltrarsi per terre più
lontane, ma potranno comunque coronare il loro voto di rendere grazie
al Santo.
Per la cronaca, in
Sardegna esistono già altri Cammini simili dedicati al Santo
pescatore, di cui il più noto è quello molto più lungo, che unisce
l'Iglesiente alla Baronia.
I primi embrioni di un
Cammino di San Giacomo in Sardegna si sono sviluppati partendo dal
Comune di Mandas, nella Trexenta, fra l'altro interessata anche dal
Cammino di San Giorgio Vescovo. Il Cammino di Santu Jacu in questione
dovrebbe partire da Mandas/Perdaxius per giungere fino a Orosei. Il
condizionale è d'obbligo, perché dopo un primo momento di
entusiasmo da parte degli organizzatori e di numerosi devoti, vuoi
per problemi di tempo vuoi per disinteressamento generalizzato, o per
mancanza di fondi, la partecipazione è andata via via scemando.
Ergo, il sentiero non è proprio abbandonato, ma comunque non
garantisce una percorrenza agevole come quella riscontrabile in
Spagna.
Quella di Mandas non è l'unica realtà Jacobea in Sardegna.
Recentissimamente si assiste alla formazione di nuovi nuclei di
individui interessati che organizzano brevi tappe di connessione fra
due santuari magari di comuni limitrofi. E' il caso del Cammino di
Santu Jacu che dalla chiesa campestre di San Giacomo in agro di
Siniscola, in una quarantina di chilometri porta alla chiesa
patronale di San Giacomo a Orosei.Come è facilmente intuibile l'orientamento generale non è quello di sviluppare un vero e proprio sentiero unico, ma una rete di cammini che colleghi i vari santuari dell'Isola. E' auspicabile che almeno in questo modo parcellizzato l'iniziativa abbia successo in virtù della più facile gestibilità in ambito locale ristretto. In seguito si potrebbe realizzare anche l'unificazione dei due Cammini da Mandas a Orosei.
PERCHÉ
Se giunti fino a questo
punto non è ancora chiaro il perché, può darsi che il lettore non
abbia lo spirito del pellegrino. O come è successo a me e a tanti
altri, può darsi che non sappia ancora di averlo.
Ma se il "perché
interiore" non trova una risposta matematica, resta comunque
il "perché pratico": perché un Cammino di Santiago
qui in Sardegna, al di fuori dell'ambito "istituzionale"?
Del resto, nessuno si inventa tout-curt una Via Francigena Sarda o un
angolo di Sardegna in cui "delocalizzare" la Terra Santa.
Per essere precisi, la Sardegna non ha neanche un Santo Patrono
universalmente noto. E' vero che Pio X, il 13 settembre 1907 dichiarò
Patrona Massima della Sardegna "Nostra Signora di Bonaria",
ma è anche vero che scuole di pensiero discordanti la danno come
compatrona con Sant'Efisio, e fra l'altro, storicamente, il vero
Santo Patrono dell'Isola, ancor meno noto dei primi due, sarebbe
Sant'Antioco Martire.
Tutto questo denota che i nostri conterranei non usano invocare un
Santo in particolare, ma probabilmente rivolgono le loro suppliche al
proprio beniamino locale o a quello che magari in passato ha
manifestato le proprie intercessioni divine nei confronti del fedele.
Quindi perché proprio
San Giacomo, in Sardegna? Del resto le stesse chiese dedicate al
Santo, su tutto il territorio isolano non sono certo in numero
maggiore di quelle dedicate ad altri Santi; anzi, per la verità non
sono neanche particolarmente numerose.
Quindi ancora una
volta: Perché? Se ne sentiva veramente il bisogno? A quanto pare,
si! E con ragione. Probabilmente proprio per cercare di riportare sul
cammino della religione un'iniziativa che ormai sta tristemente e
inesorabilmente scivolando verso scopi meno nobili, macchiandosi
indelebilmente del sudiciume del tornaconto. Riallaciandomi a quanto
detto sopra, il Cammino di Santiago, quello spagnolo, che lo si
voglia o no, è ormai diventato un business con un processo
incontrollabile e inarrestabile. E quel che più mi intristisce e mi
irrita è il goffo tentativo di continuare a mascherarlo da ciò che
non è, chiamando tutto quanto gli gravita intorno con l'odioso
appellativo di "Turismo Religioso". E poiché sono
tanti i fedeli che sentono il bisogno di estraniarsi dal quotidiano
per dedicare un po' di se stessi allo spirito, forti di precedenti
esperienze galiziane ormai recentemente contaminate dal business,
cercano paralleli locali. E il riferimento resta quello del Cammino
di Santiago, forse nella speranza che un novello sentiero in una
terra così isolata come la nostra possa mantenere più a lungo le
sue ragioni spirituali delle origini.
E' veramente fastidioso
l'atteggiamento ipocrita di chi cerca di lucrare su argomenti che
dovrebbero spaziare al di sopra degli ideali. Spero solo che aree
come appunto il Cammino di Santiago e altre simili, possano
continuare a resistere come una sorta di enclave senza tempo,
all'interno della modernizzazione dei pensieri e dei fatti. E da
quanto mi capita di sentire nei momenti di confronto con altri
pellegrini, siamo in tanti a pensarla così.
Forse è questo timore,
che ha generato la scintilla della ricerca di una "riserva
protetta" in cui trovare rifugio con se stessi o con gli altri,
nei momenti più intimi richiesti dai nostri pensieri. E quale posto
più adatto della sua Terra, per un sardo, per condurre cotanta
ricerca? Perché la Sardegna è una terra antica, silenziosa,
isolata, dove gli ideali hanno un valore, dove la religiosità è una
ragione di vita, dove il territorio aspro si presta all'isolamento
richiesto dalla meditazione, e alla fatica da offrire come sacrificio
di fede. E dove molti devoti a San Giacomo professano la loro fede
nei numerosi santuari che punteggiano l'Isola.
Perché allora non
accomunare tutti questi adepti raccogliendoli su un unico cammino
locale di fede sul quale incontrarsi anche fisicamente?
Forse tutto questo è
paradossalmente solo oggi, l'inizio di un nuovo, atteso, Cammino.
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prova
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